Husavik, Asbyrgi, Dettifoss

Wednesday, July 13, 2016
Husavik, Northeast, Iceland
Partiamo alle 08 da Akureyri diretti a Husavik (pop 2200) dove alle 10 abbiamo appuntamento per un’escursione in barca a caccia di balene. 
Mezz’ora prima dell’imbarco, presso l’ufficio della NorthSailing presso il porto confermiamo i biglietti che avevamo prenotato online http://www.northsailing.is/
Puntuale la barca lascia il porto e inizia la navigazione nella baia. Ci vengono subito fornite delle tute imbottite per ripararci dal freddo vento; noi eravamo già dotati di pantaloni antivento guanti berretti e giacche a vento, ma accettiamo volentieri l’ulteriore indumento che ci rende un po’ goffi nei movimenti e ci uniformizza agli altri passeggeri (circa una quarantina di persone).
 Mentre prendiamo posto sulla torretta della barca per godere di una più ampia visuale l’equipaggio ci illustra le specie di cetacei che popolano la zona, le manovre di avvicinamento e le modalità per segnalare eventuali avvistamenti.
 La baia di Husavik (Skjalfandi) è la capitale islandese del whalwatching grazie a due fiumi che vi sfociano apportando sostanze nutritive che danno luogo a fioriture di plancton attirando cetacei quali megattere, balenottere e capodogli.Nelle 3 ore di navigazione abbiamo avvistato alcuni delfini (Lagenorhynchus albirostris), una balenottera minore (Balænoptera acuto-rostrata), alcune megattere (Megaptera novaeangliae) e pulcinella di mare a caccia di pesci vicino alla barca. La barca segue una procedura di avvicinamento alla balena che ci consente di avvicinarci fino a qualche decina di metri.
Rientrati in porto alle 13.00 lasciamo subito Husavik poiché la giornata di oggi è ricca di cose da vedere. Ci fermiamo per mangiare in una piazzola di sosta a nord del paese con una bella vista sulla baia e poi proseguiamo verso il parco nazionale di Jokulsargljufur
 Il programma prevedeva la visita dell’area di Hljóðaklettar con le sue formazioni basaltiche e i crateri rossi, ma giunti all’incrocio con la 862 scopriamo che l’accesso è consentito solo ai mezzi 4x4 (sulle nostre guide invece era indicata accessibile seppur con terreno dissestato). Proseguiamo quindi fino al visitor center dell Ásbyrgi National Park e decidiamo di percorrere il sentiero A1 (1km) che conduce al laghetto Botnstjörn e a una piattaforma rocciosa che consente di avere una vista d’insieme sul canyon. 
 Il canyon di Ásbyrgi ha una larghezza di 1 chilometro con pareti alte 100m e la forma di ferro di cavallo al centro del quale si erge una formazione rocciosa chiamata Eyjan, l'Isola. Secondo la leggenda il canyon è stato originato dall’impronta di uno degli otto zoccoli di Sleipnir, il cavallo di Odino. In questo caso però la realtà supera quasi la fantasia: il canyon infatti è stato scavato da un enorme jokulhlaup (un'inondazione conseguente a un'eruzione subglaciale) originatosi a seguito dell’eruzione del Grimsvotn 150 km più a sud. A differenza del resto del territorio Islandese dove è praticamente impossibile trovare alberi, all’interno del canyon è presente un fitto bosco di betulle nel quale secondo la leggenda trova riparo il popolo nascosto (in islandese Asbyrgi significa “rifugio degli dei”).
Proseguiamo percorrendo la strada 864 che percorre il lato orientale del Jökulsárgljúfur. Sulla guida la strada era descritta come molto dissestata, ma in realtà abbiamo trovato un fondo molto liscio che ci ha permesso di percorrerla molto velocemente. Poco dopo aver imboccato la strada ci fermiamo a un punto panoramico che ci permette di osservare il fiume Jökulsá á Fjöllum che oggi scorre un paio di chilometri più ad est rispetto al canyon di Asbyrgi. Proseguiamo fino alla cascata di Hafragilsfoss (Cascata del Canyon della Capra) la più settentrionale delle cascate del Jökulsá á Fjöllum. La deviazione verso la cascata porta in un paesaggio alieno con lo strerrato che attraversa un’area resa completamente rossa dalle scorie vulcaniche (gli ultimi metri prima del parcheggio sono un po’ impegnativi a causa di un dosso pieno di buche, ma nulla che non si possa superare con un po’ di attenzione). Questa cascasta merita una sosta non tanto per la sua maestosità (27 m di altezza e 91 m di larghezza) ma per il contesto nella quale è inserita: la possiamo ammirare dall’ alto percorrendo un sentierino sui bordi del canyon.
  Dopo pochi chilometri una nube d’acqua che si solleva dal terreno ci annuncia che stiamo per raggiungere la ben più nota cascata di Dettifoss (cascata dell'Acqua che Rovina) che con i suoi 44 m di larghezza i 100 m di larghezza e la portata media di 200metri cubi al secondo è la più potente cascata europea. Il sentiero permette di giungere sul bordo della cascata e di ammirarne la potenza.Proseguendo per un chilometro (una mezz'ora) lungo il sentiero che costeggia il fiume tra le rocce si giunge alla più meridionale delle cascate: Sellfoss. Anche questa cascata merita la camminata per raggiungerla: questa volta non per la sua maestosità visto che è alta poco più di 10 metri ma per il colpo d’occhio dato da un lungo fronte da cui scendono numerosissime cascate che si fondo l’una con l’altra in un unico muro d’acqua.
Alle 19 ritorniamo alla nostra macchina e stanchi percorriamo le due ore di strada che ci riportano alla guesthouse da cui siamo partiti stamattina costeggiando la riva settentrionale del lago Myvatn a cui sarà dedicata la giornata di domani.
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